Guida essenziale ai vini d’italia 2016

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Sabato 10 ottobre l’hotel Principe di Savoia di Milano ha ospitato la presentazione della “Guida essenziale dei vini d’Italia 2016”, diretta da Daniele Cernilli e pubblicata dalla Mondadori. Quella di quest’anno è la seconda edizione, ma vista la preparazione del curatore ideatore e la qualità del prodotto, è quanto meno consigliabile prenderla in considerazione quando vi recherete la prossima volta in libreria.

Forte della direzione di un esperto come Daniele Cernilli (da qualche anno uscito dalla corazzata Gambero Rosso, per creare un proprio sito, doctorwine.it), nelle 556 pagine del libro (22 euro) sono recensite 876 cantine di tutta Italia, divise per regione, per un totale di 2168 etichette.

Chiara nell’esposizione, la guida prevede una descrizione delle varie denominazioni, con accenni alle zone di produzione e ai prodotti vitivinicoli più rappresentativi. Quindi si passa all’analisi delle cantine, in rigoroso ordine alfabetico, in cui, oltre alle informazioni utili al consumatore per organizzare una visita in cantina (indirizzo, numero di telefono, mail e sito internet) e ad altre che raccontano la storia dell’azienda, vengono descritti i più importanti vini della cantina, con il voto espresso in centesimi.

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Una valutazione viene data anche alla cantina, con voti da zero a tre stelle. Molto utili i prezzi medi dei vini in enoteca (raramente presenti nelle guide), ma anche il “pollice alzato”, che indica un vino dal buon rapporto qualità/prezzo.

La degustazione ha attirato nelle fastose sale del Principe Savoia, decine di appassionati, che hanno potuto assaggiare gran parte dei vini premiati da Cernilli nella guida. E non c’è cosa migliore che poter testare la qualità di un’etichetta, parlando direttamente con il produttore o l’enologo che quel vino l’hanno creato.

Edi Clementin

Come Edi Clementin, direttore dell’azienda friulana Jerman, una delle realtà più importanti del nostro paese, che ci ha parlato dell’ottima annata 2013. Un millesimo che ha permesso alle uve sauvignon, chardonnay, malvasia istriana, ribolla gialla e picolit di maturare al punto giusto, tanto da consentire al vino di punta dell’azienda, il Vintage Tunina 2013 (che nasce da un blend di quelle uve), di conquistare 97/100 nella valutazione della Guida Essenziale.

A Clementin abbiamo chiesto anche come giudica la scelta del tappo a vite (utilizzato proprio per il Vintage Tunina, una bottiglia da 36 euro) al posto di quello tradizionale di sughero. “È un’esperienza decisamente positiva – ha confessato Clementin”. “Oltre all’ovvio vantaggio a livello di integrità del prodotto, che non può essere attaccato dal fungo che spesso rovina i tappi di sughero rendendo imbevibile la bottiglia, sono convinto che si riveli migliore anche nell’evoluzione del vino sul medio periodo.

In azienda sono dodici anni che facciamo esperimenti con vari tipi di chiusure per le bottiglie: il tappo a vite è quello che si è rivelato migliore, sia per vini da bere giovani sia per quelli che hanno bisogno di tempo per dare il meglio”. Quindi il tappo a vite finirà per sostituire quello di sughero? “Magari non a breve. La forza evocativa, romantica del tappo di sughero è ancora troppo forte, almeno in Europa. In Canada, Australia e altri paesi emergenti del mondo enologico, il tappo a vite è già molto diffuso. Ma il futuro è segnato. In azienda abbiamo messo a confronto identiche bottiglie di bianchi di prestigio chiuse con il sughero e con il tappo a vite, e abbiamo avuto modo di assaggiarle anche a 12 anni di distanza, trovando sempre migliore il vino con il tappo a vite. Evolve meglio, mantiene i profumi e la freschezza delle uve più a lungo e appare meno stanco, anche con molti anni sulle spalle”.

Marco Latour

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